La gestione del dolore post-operatorio rappresenta una priorità indiscutibile ed imprescindibile nei pazienti sottoposti ad intervento chirurgico.
L’evoluzione farmacologica e gli sviluppi nel campo medico-sanitario hanno conseguito, negli anni,
notevoli progressi in merito a questo aspetto. Allo stesso tempo, nonostante siano ancora presenti alcuni dubbi sulla scelta del trattamento ideale, le evidenze sembrano essere concordi sull’importanza di un adeguato approccio multidisciplinare ai fini di una efficace riduzione del sintomo doloroso.
In merito all’eziologia del dolore postoperatorio acuto, non possiamo ricercare le cause in un unico elemento, ma la caratteristica chiave alla base della genesi di questo fenomeno è la multifattorialità. Le tecniche chirurgiche inevitabilmente causano lesioni ai tessuti, che possono determinare numerose risposte nella matrice del dolore: dalla sensibilizzazione delle vie del dolore periferico e centrale, fino ad agire nella sfera emozionale per provocare sentimenti negativi come la paura, l’ansia o la frustrazione. Sebbene nella maggior parte dei pazienti il dolore diminuisca nei primi giorni dopo l’intervento chirurgico, taluni, viceversa, subiscono un andamento costante o persino ascendente del sintomo e, quindi, del fabbisogno analgesico.
A seguito di un intervento chirurgico poi, è possibile che il corpo sviluppi delle aderenze: fasce di tessuto che uniscono in modo anomalo parti normalmente divise di uno stesso organo. Le aderenze possono causare dolori, diminuzione della flessibilità, disturbi viscerali e rigidità anche a distanza dal trauma o dall’intervento.
Sensazioni di formicolio, perdita della sensibilità e gonfiore post intervento chirurgico possono essere scatenati dall’irritazione nervosa avvenuta durante l’operazione, tutto ciò può essere aumentato in caso di retrazione fasciale. Questa sensazione può durare settimane o addirittura mesi. Con il trattamento osteopatico, attraverso la mobilizzazione e il rilasciamento miofasciale delle catene degli arti superiori e dello stretto toracico, si ha l’obiettivo di cercare di diminuire queste percezioni.
L’osteopata può attenuare gli effetti negativi sulla salute generale e posturale poiché, grazie alle manipolazioni, facilita il recupero e contribuisce al ripristino dell’armonia meccanico-anatomica di tessuti e organi.
Dopo un trauma, infatti, si instaurano nel corpo meccanismi antalgici e di difesa che alterano la postura e favoriscono lo sviluppo di scompensi locali o a distanza.
Ciò può causare un funzionamento parziale dell’articolazione che, per evitare il dolore, trasferisce parte del lavoro a strutture anatomiche limitrofe, sovraccaricandole.
In seguito ad un qualunque intervento chirurgico, oltre alla guarigione delle ferite è fondamentale il ripristino della funzione e della mobilità dell’area interessata.
La riabilitazione post-chirurgica coinvolge tutta una serie di interventi mirati a ripristinare dunque la forza muscolare, la flessibilità, la mobilità articolare e le abilità funzionali compromesse dall’intervento chirurgico.
Possiamo individuare alcune fasi generali che l’osteopata segue durante la riabilitazione post operatoria.
La prima fase ha come obiettivo la gestione del dolore e dell’infiammazione.
In un secondo momento, l’obiettivo della terapia è il rinforzo progressivo dei muscoli limitrofi all’articolazione interessata.
Nella terza fase l’osteopata introdurrà esercizi specifici per rinforzare la zona interessata, con attenta valutazione della risposta del paziente.
Nella quarta fase, l’osteopata mette in relazione l’articolazione colpita con gli altri distretti muscolo/scheletrici, allo scopo di risolvere eventuali scompensi in atto.